La Conszienza di Zeno

Italo Svevo, La Coscienza di Zeno — Translated by Andrea Daughton

Who was I, as a child? Over fifty years have passed, and my keen eyes could perhaps squint back so far, were the light still glancing off that period not dimmed by the immense happenings of a life: by allof my years, and some of my hours.

The doctor recommended against such strain, against trying in vain to stretch that distance. Even new memories are precious to him, and the fantasies and dreams of recent nights are particularly prized treasures. There must be some logic to this mandate of memory, however, and so that I might begin ab ovo, I bought and read a book on psychoanalysis as soon as I left the clinic. Just to make his task easier, you understand, since the doctor is due to leave Trieste for who knows how long. It is not so difficult to grasp, but very dull.

Lying back on an easy chair after lunch, I hold a pencil and a paper in my hand. My brow is smooth, for I have exiled effort from my mind. My thoughts seem quite apart from me. I watch them. They rise, they fall...but that is all they do. To remind them that they are my thoughts and that it is their duty to make themselves seen, I grip the pencil. It is now that my brow does wrinkle, because every word is made of so many letters, and the lordly present surges up and obscures the past.

Yesterday, I tried my hand at full abandon. The experiment ended in the deepest sleep, yielding no result beyond great invigoration, and the curious sense of having seen something important in my drift. But I had forgotten it - it was lost to me forever.

Today, the pencil in my hand keeps me awake. I see something. I glimpse bizarre images sourced from somewhere other than my past: a train chugging up a slope, trailing countless carriages. Who knows where it comes from, and where it is going, and why it has now turned up here!

Vedere la mia infanzia? Più di dieci lustri me ne separano e i miei occhi presbiti forse potrebbero arrivarci se la luce che ancora ne riverbera non fosse tagliata da ostacoli d’ogni genere, vere alte montagne: i miei anni e qualche mia ora.

Il dottore mi raccomandò di non ostinarmi a guardare tanto lontano. Anche le cose recenti sono preziose per essi e sopra tutto le immaginazioni e i sogni della notte prima. Ma un po’ d’ordine pur dovrebb’esserci e per poter cominciare ab ovo, appena abbandonato il dottore che di questi giorni e per lungo tempo lascia Trieste, solo per facilitargli il compito, comperai e lessi un trattato di psico-analisi. Non è dif icile d’intenderlo, ma molto noioso.

Dopo pranzato, sdraiato comodamente su una poltrona, ho la matita e un pezzo di carta in mano. La mia fronte è spianata perché dalla mia mente eliminai ogni sforzo. Il mio pensiero mi appare isolato da me. Io lo vedo. S’alza, s’abbassa...ma è la sua sola attività. Per ricordargli ch’esso è il pensiero e che sarebbe suo compito di manifestarsi, af erro la matita. Ecco che la fronte si corruga perché ogni parola è composta di tante lettere e il presente imperioso risorge ed of usca il passato.

Ieri avevo tentato il massimo abbandono. L’esperimento finì nel sonno più profondo e non ne ebbi altro risultato che un grande ristoro e la curiosa sensazione di aver visto durante quel sonno qualche cosa d’importante. Ma era dimenticata, perduta per sempre.

Mercé la matita che ho in mano, resto desto oggi. Vedo, intravvedo delle immagini bizzarre che non possono avere nessuna relazione col mio passato: una locomotiva che sbuf a su una salita trascinando delle innumerevoli vetture; chissà donde venga e dove vada e perché sia ora capitata qui!

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Tú, que nunca serás/You, Who Never Shall be